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ARGOMENTO:

L' occhio del Mastino 20/02/2021 14:35 #1

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Capitolo Primo
Il passaggio ad Ovest



Lazar, nacque in una famiglia di orchi commercianti di bestiame delle lande del fiume Valna, quando
ancora giovane, la sua famiglia cadde in disgrazia venendo soggiogata da un gruppo di spregevoli
cacciatori, tra cui un noto alchimista che dopo aver avvelenato la madre, uccise anche il padre, il quale,
prima di morire sussurrò a Lazar, la posizione del più prezioso oggetto di famiglia. La casa venne
depredata di tutti i suoi oggetti di valore, ad eccezione di una borsa, nascosta, in una buca mimetizzata
sotto le assi del pavimento della cucina. Ormai orfano Lazar, si addestrò all'uso delle armi da taglio e
negli anni diventò sempre più abile all'arte della guerra, diventando un paladino al servizio della corte del
sovrano della regione del Monghul. Molti inverni passarono da quel giorno nefasto.
Una notte a Lazar, apparve in sogno il padre il quale, gli ricordò di quel monile nascosto ed abbandonato
nella casa dove si consumò anni fa la tragedia. Di buon mattino si recò nella casa paterna ormai ridotta ad
un rudere, giunto lì, venne sopraffatto da un sentimento di ira; facendosi strada tra le assi ed i pilastri di
quercia logorati dall' umidità e dal tempo a colpi di scure, giunse al luogo indicatogli dal padre quindici
inverni orsono. Squarciò le assi e con le mani comincio a scavare e man mano che la buca si ingrandiva,
Lazar, diventava sempre più ansioso, fino a quando le sue unghie incontrarono una cassa in legno.
La afferrò e rimossi i chiodi, la scoperchiò. Al suo interno vi era una piccola sacca di cuoio nero, sudicia ed inumidita
come se dentro vi fosse stato riposto qualcosa di organico. La aprì e da dentro afferrò qualcosa
di rotondo ed all’apparenza flaccido. Uscito di casa realizzò cosa il padre gli avesse lasciato: un occhio di
un Cuschide, un lupo demoniaco che si narra abitasse l'altopiano di Ural-dam. Questo era caratterizzato
da un'iride color nero, così intenso da ipnotizzarlo, si narra che fissandolo intensamente per qualche
minuto, si possa avere una visione onirica della parte più profonda del proprio essere. Il giovane orco
realizzò in quell'istante che la sua vita, non poteva più essere legata a quei luoghi, doveva partire. Qualche
tempo prima, durante una pattuglia nei pressi della sorgente del fiume Valna, Gorthun, gli raccontò di una
terra vergine nei pressi della foresta di Galàr, non ancora intaccata dalle razzie e scorribande di balordi ed
attaccabrighe e dove era possibile crearsi una nuova vita.
Decise così di raccogliere i suoi unici averi, di sellare Temerario e di partire alla volta del valico di Ural-dam.
Trascorse qualche giorno dalla partenza ed ormai stanco, decise di fermarsi nel villaggio di Ordan, il
villaggio un tempo ricco e prospero grazie al fiorente commercio di pellame, si presentava oggi desolato,
quell'aria frizzante e dinamica di un tempo era ormai un ricordo.

Si fermò alla locanda dell'Alce Zoppa per passarvi la notte; prima però si sedette al bancone
del taverniere, su di un trespolo, ed accanto a lui, un losco individuo dal fare guardingo il quale si voltò e
con degli occhi ambrati cominciò a parlargli dicendo: “Mi chiamo Zoltan forestiero, avete degli strani
denti ed uno strano odore per essere uno di queste terre..... Da dove venite?”
.
Non facendo caso alle sue parole, continuava a bere dal boccale quando ad un tratto, con un colpo di
mano, fece cadere il boccale rovinosamente a terra: “Non vi hanno insegnato le buone maniere
miserabile Orco?! O vi hanno mozzato la lingua?”
.
Decise così di presentarsi per placare la rabbia di quell'uomo chiaramente in preda ai deliri dell'alcool.
Dopo una breve conversazione chiese a Lazar quale fosse la sua destinazione, gli rispose di voler valicare
il passo dell' Ural-dam, per dirigersi nella regione della foresta di Galár di e di voler cominciare una
nuova vita. L'uomo lo guardò fisso negli occhi e con un perfido ghigno gli disse: “Povero stolto, stai
andando tra le braccia della Tenebra, non troverai niente oltre il valico, non arriverai mai all'Ural-
dam!!”
continuò dicendo: “Quando scorgerai il monastero di Parnàs, cammina per un giorno in
direzione laterale, solo così eviterai a Lei di annusarti; non fidarti delle voci, stai alla larga dalle
ombre, quello che un tempo era un monastero di rispettosi e laboriosi monaci, adesso e diventato la
dimora dei discepoli dell' oscurità, dei maghi guerrieri che hanno donato la propria anima al servizio del male”
.

Detto questo si alzò e si congedò. Le sue parole turbarono l'orco, ma non vi diede valore, il giorno
avrebbe lasciato il villaggio di buon mattino, la strada è maledettamente lunga.

Trascorsero sette lune, ed al primo quarto dell'ottava luna nuova, scorse l'ingresso della foresta alla base
del sentiero per il valico dell' Ural-dam in lontananza. Decise così di fermarsi per la notte, per riprendere
il cammino all'alba. Quella notte passò alla memoria come una notte stranamente fredda con un cielo
nero, senza una nuvola e senza la presenza di stelle, come se quella notte in quel determinato luogo, il
firmamento avesse deciso di scomparire. La notte trascorse lentamente e caratterizzata da un silenzio assordante.

[tratto dal diario di viaggio di Lazar ]

“Il fuoco scoppiettava, strani lamenti e sibili provenivano dalla foresta. Ho una strana sensazione, un
sentimento di angoscia e disperazione pervade la mia anima. Temerario sembra irrequieto continua ad
andare avanti ed indietro, continua a sbattere lo zoccolo a terra, come a volermi indicare qualcosa.
[......] Avrò dormito per qualche ora, la notte sembra insolitamente gelida il fuoco langue ed è
prossimo a spegnersi, raccolgo le poche forze rimaste per buttarci dentro qualche
ceppo, all'improvviso il mio sguardo cade sulla sacca contente l'occhio del Cuschide, avevo
completamente rimosso di avere quell’oggetto con me; decido di prenderlo e di osservarlo per qualche
istante, continuo a ripensare alle frasi di quel Zoltan, al valico, al monastero di Parnàs, chissà... la
curiosità è molta, troppa!! Mi sento osservato, ma sono solo qui!! Ad un tratto un'ombra mi passò
davanti, il mio sangue e come se si fosse congelato nelle vene, sarà la suggestione del luogo o uno
scherzo della notte, decido di non pensarci, torno a dormire ma con uno strano sentimento”
.


Trascorse la notte, e l'alba squarciò il velo oscuro della notte, a differenza degli altri giorni il sole era
tiepido e caratterizzava una giornata umida ed uggiosa. Salito in sella a Temerario, si addentrò nella
foresta. Solitamente, ci si aspetta di ascoltare il suono della natura, il cinguettio degli uccelli ma niente la
foresta sembrava disabitata, morta. Avanzando la vegetazione diventava sempre più fitta, gli alberi sempre
più alti con di rami cosi imponenti da oscurare il cielo, o ciò che ne rimaneva. Il cammino si arrestò dopo
qualche ora a causa di una strana sensazione di malessere fisico, forse a causa del cibo mangiato o del
nervoso. Lazar, creò così un rifugio di fortuna, utilizzando alcuni rami rinsecchiti e decise di passarvi la
notte, utilizzando le ultime erbe medicamentose raccolte prima di abbandonare le terre da lui conosciute,
preparando una tisana per provare ad alleviare i suoi dolori.
Quella notte fu’ caratterizzata da una pioggia incessante, il giorno dopo svegliato da un boato, sobbalzò e
scrutando l'orizzonte notò un nuovo fronte temporalesco in avvicinamento e sull'altopiano cominciò ad
alzarsi un vento gelido da Nord; non potendo cavalcare a causa degli acquitrini che si erano creati durante
la notte a causa della pioggia, continuò a procedere verso Ovest, verso il valico dell' Ural-dam, alla ricerca
del monastero di Parnàs.

Camminò per due o tre giorni, il tempo era diventato ormai relativo, il giorno senza la luce del sole era
simile al buio della notte ed una nebbia perpetua continuava ad insinuarsi sulla sua strada, tanto da
rendere pesante ogni passo ed il respiro sempre più gravoso... era chiaro: aveva raggiunto la parte più alta
dell'altopiano, aveva quasi raggiunto il valico il monastero doveva essere vicino. Decise così di riposarsi
per riprendere fiato, anche Temerario ormai privo di forze lo fissò con sguardo ormai stremato.

Aprì lo zaino e scrisse sul suo diario di viaggio: “La strada continua a salire inerpicandosi tra muri di
granito e massi colossali, anche la vegetazione cominciava a diventare sempre più rada il sentiero
continuava ad inasprirsi; la via un tempo utilizzata come rotta commerciale ormai è stata
abbandonata. Lungo il sentiero ho sentito delle voci, dei lamenti, non so se questi fossero solo una
suggestione o l'aria rarefatta; allungai il braccio per aprire la borsa contenente l'occhio del
“Mastino”, così deciderò di chiamarlo d'ora in poi il monile raccolto a casa dei miei genitori; guardo
con attenzione l'iride, è come se mi chiamasse a se, il colore è cambiato, il nero è diventato più vivido,
non sembra quello di un' essere morto, ma come se fosse stato appena strappato ad un essere vivente.
Distolgo lo sguardo a causa di una folata di aria gelida, ma preferisco scrivere piuttosto di guardare
cosa o chi potrei avere alle mie spalle”
.

Appena finito di scrivere queste parole un colpo secco alle sue spalle, con un balzo si voltò armando la
sua spada, ma dietro di lui niente, non vide nessuno... Ormai nervoso ed irrequieto cominciò a controllare
l'area, quando ad un tratto venne circondato da quattro ombre, riuscì a malapena a distinguerne gli occhi
come due piccoli fuochi fatui dentro il nero del sudario, le forze gli vennero meno, la spada cadde e si accasciò al suolo.

Venne svegliato dal muso di Temerario, incredulo per quanto accaduto la notte scorsa, si diresse più ad
Ovest. Al crepuscolo, un banco di nebbia imponente si stagliò dinanzi a Lazar, al suo diradamento lo vide: Parnàs!!
Il monastero si erigeva dinanzi a lui con maestosità, le nere ed alte mura invalicabili erano piene di
vegetazione, i merli erano sguarniti sembrava disabitato. L'unica luce di tutto il complesso, proveniva da
una finestrella all'interno del torrione. L'ingresso sembrava sprangato ed inaccessibile. L'aria che si
respirava lì intorno era pesante e malsana, le statue un tempo raffiguranti i protettori del regno decapitate
e traccie di sangue spuntavano di tanto in tanto lungo il sentiero.
Sulla strada che scende verso il complesso monastico, gli vennero in mente le parole di Zoltan e la sua
raccomandazione, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro e la curiosità specialmente dopo
l'avvenimento della scorsa notte, era diventata sempre più forte... Il suo sguardo lungo la strada, si
soffermò su di una lapide, e su di un nome: “Zoroathr” il suo epitaffio riportava: “Rinasci a nuova vita,
abbracciando la Tenebra”
. Ad un certo punto un brivido lungo la schiena, la sensazione di una mano
fredda posata sulla sua nuca, si voltò e lo vide.

“Era lì fiero e tenebroso, dal sudario era possibile intravedere la guaina della sua spada, il volto era
nascosto dalla tunica, ma li riconobbi subito, quegli occhi!! Mi hanno perseguitato durante l'ultima
parte del viaggio. Chi era o cos'era!
Ero giunto lì per saziare la mia curiosità ma, sentivo che qualcosa di sinistro ed oscuro era sul punto di avvenire”
.


L'essere lo guardò fisso negli occhi ed allungando il braccio, dal quale si intravedeva uno strano bracciale
logorato, gli indicò di proseguire sul sentiero in direzione del cancello. La mano di Lazar afferrò l'elsa
della spada, la Nera figura chiuse il pugno e l'orco venne sopraffatto da un dolore lancinante che gli
bloccò il braccio impedendogli di estrarla dal fodero.
Rassegnato e soggiogato, con passo lento ed affaticato si diresse verso la via del cancello.
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cit. : "Non capisco perchè un mago possa castare in corsa, anche con la doppia scroll perchè Elfo Oscuro, ed io con l'arciere devo mettermi a fare Yoga per tirare una freccia"

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L' occhio del Mastino 21/02/2021 11:13 #2

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Capitolo Secondo
Il Portale



Ogni passo in direzione del cancello del monastero di Parnàs diventava sempre più pesante, le gambe anche a causa della pesante armatura, cominciavano a vacillare era troppo tardi per tornare indietro.
La presenza era sempre lì dietro e controllava ogni movimento, ogni respiro. Lazar superò il cancello, notando dei chiari segni di incuria lungo tutta la cinta muraria, l’umidità permeava le mura
rendendole friabili e le possenti assi di legno del portone ormai completamente marce. Una volta dentro, posò lo sguardo su quello che un tempo era il chiostro del monastero, quando ad un tratto
un dolore acuto e lancinante che dalla schiena si irradiò fin davanti lo sterno… Il fiato venne meno, la testa si fece pensante e l’orco crollò al suolo.

“Un dolore lancinante simile a quello di una lama arroventata dilaniò la mia carne, il dolore fu così straziante da farmi perdere i sensi.
Dopo qualche istante riuscì a riaprire gli occhi, ma non avevo la forza di muovere un singolo muscolo, ero come paralizzato.
Qualcuno trascinava il mio corpo, riuscivo ad intravedere un'altra figura con un sudario vicino il portone del torrione al centro del chiostro;
quest’essere aveva con sé la mia borsa contenente l’occhio del Mastino, un atroce dubbio mi assalì in quell’istante… e se tutti questi avvenimenti fossero collegati ad esso?!?”.


Il corpo semi cosciente di Lazar venne abbandonato per terra in un angolo di una sudicia stanza all’interno del torrione, mentre i due esseri analizzavano l’occhio sottratto all’orco.
L’essere con il bracciale, si abbassò il cappuccio, ma le scarse condizioni di luce non permettevano di vederne il volto, ma di una cosa Lazar era certo, si trattava di un uomo e non uno spettro.
I due intonarono una sorta di cantilena in una lingua sconosciuta dinanzi ad uno specchio e, nel giro di qualche istante, dall’iride dell’occhio si sprigionò un fumo denso nero ed il vetro dello specchio si illuminò diventando come liquido, tanto che l’essere ancora incappucciato entrò lì dentro e svanì, portando con sé la borsa e l’occhio. L’uomo che aveva intonato per primo le frasi, si avvicinò al corpo di Lazar e trascinandolo per una gamba lo portò vicino lo specchio, in quell’istante l’orco riuscì a scorgerne il volto.
Quell’uomo con un calcio spinse il corpo ormai esamine all’interno dello specchio.

“Il mio corpo ormai privo di forze, venne trascinato come un sacco di sterco vicino lo specchio, e così come viene trattato il letame, con un calcio mi spinse dentro di esso.
Prima però riuscì ad intravedere il volto di quest’uomo o se così può essere definito… il volto sfigurato dalle ustioni, completamente glabro e pallido con due occhi bianchi come la neve del Nord.
In quell’istante il mio sguardo incrociò il suo, quella è l’ultima cosa che ricordo, prima del risveglio”.


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Quando rinvenne, Lazar si ritrovò in una foresta dolorante ed affranto come dopo una battaglia con una profonda cicatrice lungo la schiena, all’altezza delle coste.
Aveva perso tutti i suoi viveri ed il suo cavallo, aveva con sé solo la sua picca da battaglia e la sua armatura.
Camminando per la foresta, vide in lontananza un cavallo. Si trattava di uno splendido esemplare nero, con un crine folto e lucido, provò ad avvicinarsi per provare ad addomesticarlo;
il cavallo stranamente mansueto, forse scappato da qualche stalla, si lasciò imbrigliare e Lazar decise di rinominarlo come il suo vecchio compagno di viaggio, rimasto chissà dove.
Cavalcarono per qualche giorno, attraverso pianure e fiumi, queste nuove terre avevano un odore strano, diverso da tutto quello che l’orco aveva conosciuto in passato.
Lungo la strada ha incontrato animali e piante che non potevano e non dovevano essere lì, dove lui ricordava di essere. Ad un tratto tutto era chiaro: quello specchio era un portale per un altro mondo.
In lontananza scrutò una piccola casa di legno scuro con il tetto in paglia, probabilmente abbandonata, decise di avvicinarsi per capire se all’interno vi abitasse qualcuno.
L’ingresso del recinto era aperto, così entrò e sbrigliò il cavallo, lo legò alla staccionata e si diresse verso la porta d’ingresso.

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La porta senza chiavistello era aperta, cigolando la aprì ed al suo interno vi era un letto disfatto ed impolverato, un tavolino ed una sedia; la sedia riportava una scritta probabilmente del carpentiere che l’ha realizzata: "Donovan - Britain".
Non aveva mai sentito quel nome prima ad ora, mille domande ed un senso di angoscia pervase la sua mente.
Decise in quell’istante di riordinare le idee e di capire il perché quell’uomo con il sudario nero lo avesse trascinato lì, in quelle lande, per poi abbandonarlo.
Realizzò che quel rudere sarebbe stato il suo rifugio, almeno per il momento.
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L' occhio del Mastino 21/02/2021 20:52 #3

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Capitolo terzo
La scelta



Trascorsero diversi giorni, e quel rudere pian piano cominciava a trasformarsi in qualcosa di più vivibile. Lazar incuriosito da questi nuovi territori partì verso Ovest, alla ricerca di qualche segno di civiltà.
Dopo qualche giorno di cammino si trovò dinanzi ad un ponte al termine del quale vi era un cancello, incuriosito procedette lungo di esso, attraversando il cancello.
Era arrivato in un mercato, le grida dei venditori, l’odore di cibo pervadeva l’aria; vi era persino una bacheca sulla quale alcuni venditori affiggevano i loro beni in vendita.
Proprio vicino ad essa, una strana piattaforma con un portale ovoidale, sembrava permettere ad alcune persone di spostarsi velocemente da un luogo ad un altro.
Continuò ad esplorare i dintorni del mercato, fino a quando intravide una taverna nei pressi di un ponte che sembrava portare fuori dalla città.
Vi entrò e venne accolto dall’oste che esclamò: “Benvenuto a Britain”.

“Britain... questo nome non mi è nuovo, ma certo! È il nome scritto sulla sedia; evidentemente il carpentiere che ha costruito la sedia proviene da questa città”

Con fare sicuro cercò di mascherare i suoi modi da forestiero e si sedette al bancone.
“Cosa posso offrivi” esclamò l’oste. Lazar rispose: “Una pinta di birra”. Il taverniere obbedì e passandogli il boccale, cominciò a scambiare qualche parola con l’avventore, chiedendogli cosa lo portasse in quella città.
L’orco rispose di essere sulle tracce di un individuo con un sudario nero e con il volto pallido e sfigurato. L’oste sentite queste parole diventò ad un tratto nervoso e vago.
A quel punto Lazar divenne più insistente, così il taverniere dinanzi al crescente nervosismo dell’orco, gli sussurrò: “Vi siete imbattuto in un Necromante”.
Lazar sgranò gli occhi e disse: “Un Necromante ne avevo sentito parlare ma non ne ho mai incontrato uno”. Il taverniere continuò: “State lontano dal cimitero della città di Vesper, tenete a bada la vostra curiosità se ci tenete alla vostra pelle, sono esseri maledetti. Tuttavia se davvero volete avventurarvi, usate il portale situato a città Mercato e trovate la città di Vesper. Procedete a Sud-Est e troverete il cimitero”.

Dopo questa conversazione l’animo del taverniere, cambiò diventando estremamente irascibile, Lazar decise quindi di congedarsi ed abbandonò la locanda.
Sulla strana di casa nei pressi di una cava abbandonata, udì delle urla; entrò così all’interno di questa miniera ed a terra trovò un corpo esanime di un uomo.

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Accanto a lui appoggiato per terra un libro foderato di pelle viola. Lazar lo raccolse ed andò via.
Rientrato a casa, appoggiò il libro sul tavolo accese la candela ed apri la copertina. La prima pagina riportava scritto a grandi caratteri “Malleus Tenebris”.
La carta sembrava logora, le pagine successive leggermente sbiadite dal tempo, erano caratterizzate da raffigurazioni di battaglie e riti oscuri nei quali, sangue di vittime sacrificali veniva versato in onore di Elhoim.
Le pagine scorrevano e la cera della candela si consumava, il desiderio di volersi addentrare nel culto Oscuro divampava.

“Le pagine di questo libro hanno letteralmente scardinato tutto ciò che pensavo di conoscere sulle arti magiche e sull’arte della guerra. Riuscire a squarciare il velo tra la vita e la morte.
Una forza devastante in grado di annullare il potere del tempo sulle spoglie mortali, entrare nel conclave di questi potenti esseri.
Ed ancora, l’incontro con l’innominabile, ad opera di Arnis Escrima e di Azatoth; la fondazione di Midian sulle ceneri degli antichi simboli di luce profanati. Devo trovarla, devo entrare a Midian”.


Appena pronunciata questa parola la luce della candela si mosse, come se la porta si fosse aperta lasciando entrare una folata di vento; ma tutto era chiuso.
Lazar venne pervaso dalla sensazione che qualcuno o qualcosa fosse all’interno della casa. Ad un tratto un ghigno squarcio il silenzio della notte, quella risata raggelò il sangue
nelle vene dell’orco il quale si voltò ed in quell’istante una nube nera si dissolse dinanzi ad i suoi occhi.

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In tutta fretta, sellò il cavallo e partì alla volta del Mercato per usare questo portale, che lo avrebbe condotto al cimitero di Vesper, la sua ricerca sarebbe cominciata da lì.
A quell’ora della notte il Mercato era vuoto, entrò nel portale ed una volta letto sul muro la sequenza runica da utilizzare, raggiunse i territori di Vesper.
Seguendo le coordinate indicategli dal taverniere, giunse così al cimitero.

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Strane creature vagavano per quel luogo desolato, anime erranti e non morti si aggiravano tra le tombe.
Tra loro una figura sinistra emergeva; Lazar, scrutò gli stessi occhi che incontrò sulla strada per il valico di Ural-dam realizzando in quell'istante di aver incontrato un Necromante e che da allora il corso della sua vita sarebbe cambiato: avrebbe messo la sua ira e la sua disperazione al servizio del Chaos.
Cercò di mimetizzarsi per sfuggire al suo sguardo e poterlo spiare per carpirne i segreti ma egli si palesò direttamente alle sue spalle; così Lazar con voce ferma esclamò: “Se ci siamo incontrati ci sarà un motivo... niente avviene per caso! Se è la disperazione che cercate, bene quì ne troverete abbastanza per saziarvi”.
Il Necromante continuava a guardare negli occhi l’orco senza proferire parola. L’orco aggiunse: “Portatemi a Midian. Quale potere si cela dietro le sue mura?La mia collera non può essere domata ne placata dai sermoni degli stolti monaci, disprezzo e ripudio tutto quello che ho attorno, ditemi cosa devo fare e lo farò”.
Detto questo il Necromante svanì allontanandosi nella notte sussurrando con voce flebile: “Ti troverò per consegnarti la missiva!”.

Lazar subito dopo l'incontro, abbandonò i territori di Vesper per far ritorno a casa. Con l'idea di rimettersi in marcia il giorno dopo per la città di Midian.
Svestito dalla pesante armatura si addormentò. Trascorsa qualche ora il silenzio della notte venne lacerato dal fragore di un vetro in frantumi. Un corvo, nero come la notte con gli occhi verdi smeraldo si posò sul tavolo, proprio sul libro recuperato dal cadavere in miniera; questo corvo lasciò cadere dal suo becco una pergamena arrotolata con impresso un sigillo: "§OdO§". Appena l'orco si avvicinò per aprirla, il corvo con un sinistro gracchiare volò via.
Rotto il sigillo Lazar, srotolò il manoscritto che riportava scritto: "La disperazione è solo l'inizio. A Papua, dove si erige il Nero Tempio vicino la palude, se sarai disposto al sacrificio supremo troverai le risposte".
Slegò così il cavallo, e raggiunse il Mercato dove avrebbe riutilizzato il portale per raggiungere le terre paludose di Papua. Giunto in quei territori, camminò verso Sud e superata la città vide in lontananza il Tempio di Elhoim, dove tutto sarebbe iniziato e dove sarebbe morto per poi rinascere nel segno dell' Oscrutà.





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Capitolo quarto
L’incontro




Dieci notti trascorsero da quando Lazar scrisse la pergamena indirizzata al Concilio. L’orco si accampò nei pressi del Tempio nelle paludi di Papua in attesa di una risposta. La palude in quelle notti era vispa e movimentata, gufi, rane e molti altri animali notturni riempivano il silenzio della notte; ma una cosa accadde la decima notte.



Ad un tratto tutti gli esseri viventi di colpo, tacquero all’unisono. In pochi secondi un freddo gelido scese sulla palude come se l’inverno avesse deciso di sferrare il suo ultimo colpo di coda in una tiepida notte primaverile. Spiando da dietro un albero la scalinata del Tempio, notò delle ombre che l’una dietro l’altra salirono fino ad arrivare dinanzi al portone e, dopo essersi soffermati qualche istante vicino la bacheca, attraversano la porta e svanirono. Lazar, salì le scale rapidamente e giunto davanti al pannello apri la pergamena lasciata qualche giorno prima e vide, la tanto agognata risposta:

“Le verrà concessa udienza alla città di Midian, il prossimo plenilunio”.

Per qualche istante rimase impietrito. Rinsavito focalizzò il suo nuovo obiettivo: trovare la città di Midian ed incontrare i Necromanti.

Quella stessa notte tornò a Mercato e tra i libri riposti in un angolo, in quella che sembrava essere una biblioteca di altri tempi, riuscì ad individuare la sequenza runica che lo avrebbe portato a Midian. In realtà avrebbe dovuto raggiungere Delucia e da lì procedere a Nord, dopo aver superato un ponte dove sovente avvengono delle imboscate, avrebbe trovato l’Oscura Città.
Raggiunse il portale di Delucia e procedendo verso nord superò indenne il ponte e dopo aver camminato per tutta la notte, all’alba, giunse dinanzi ai cancelli di Midian. Alzò lo sguardo ed esclamò:

“Annunciatemi!”



Il guardiano del muro guardò l’orco e senza proferire parola voltandosi, scomparve.
Ad un tratto una sensazione di freddo pervase Lazar il quale avvertì ancora una volta il sangue nelle sue vene gelarsi. Una sagoma nera si palesò e, nell’ombra creata dalle torce appese al muro aprì il pesante cancello di acciaio. Con un cenno della mano, invitò l’orco ad entrare e senza emettere un suono, si incamminò verso un edificio all’interno delle mura, silenzioso ed intimorito l’orco lo seguì. Sulla strada Lazar soffermò lo sguardo sugli edifici di Midian. Possenti mattoni neri come la notte delimitavano gli edifici, gli alberi spogli e morenti caratterizzavano la città. Un maestoso tempio si erigeva a nord con due enormi demoni che ne sorvegliavano l’ingresso, la loro vista avrebbe intimorito anche il più coraggioso degli eroi di questa terra. Più si addentrava nella città più la sensazione di angoscia gli stritolava l’anima.
Il Necromante e l’orco, si incamminarono verso il Tempio sito vicino la piazza della cittadina e, varcata la soglia, disse a Lazar di sedersi.


“Le mura del Tempio cosi così spesse ed alte che i raggi dell’alba non riescono a penetrarle. La prima luce del mattino cercava di farsi spazio tra le tenebre, ma una perpetua foschia avvolge la città.
Un altare nero con delle teste appoggiate su di un banchetto li vicino, facevano da contorno agli oscuri e macrabri rituali che sicuramente si svolgono qui dentro. Dovrei essere intimorito da ciò, ma nonostante tutto la cosa mi interessa e mi affascina. Sento che qualcosa sta cambiando in me, questa forza Oscura e potente mi sta lentamente inebriando e coinvolgendo”.




Con un gesto il Necromante abbasso il cappuccio del nero sudario e disse:

“Bene parlate!! Avete richiesto udienza presso il Concilio. Io sono Dantes! Avete la mia attenzione!”

Il Necromante guardò Lazar domandandogli nuovamente la ragione di questa udienza, l’orco dopo aver raccontato brevemente la sua storia, espresse ad egli il suo desiderio di apprendere l’oscuro sapere del Libro dei Morti e di poter accedere alla conoscenza di tale potere. Il Necromante interruppe l’orco dicendogli se sarebbe in grado di uccidere i suoi genitori per il volere di Elhoim. Lazar rispose che se loro fossero stati ancora in vita, lo avrebbe fatto; ma siccome morti da anni, sarebbe pronto a scendere nell’oltretomba per ucciderli nuovamente.
Sul volto del Necromante si intravide un ghigno terrificante, quindi prese una pergamena e dopo aver intinto la piuma nel calamaio scrisse un messaggio.

“Bene Lazar. Invierò questa missiva al concilio dove sarà esaminata. Sappiamo dove trovarvi”.

Detto ciò, accompagnò l’orco al cancello di Midian dove i due si congedarono.
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L' occhio del Mastino 23/03/2021 20:40 #5

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Capitolo quinto
Sacrificio di sangue 



Era notte fonda quando Lazar rincasò, un forte vento di burrasca ed una pioggia incessante, sferzava la foresta dei territori di Britain. L'orco era assorto nella lettura del libro rinvenuto nella cava qualche tempo addietro quando ad un tratto senti un tonfo dietro la porta della sua catapecchia. Sobbalzò dalla sedia e aprì la porta, ma non vide nessuno... la luce di un fulmine, squarciò il velo della notte ed abbassando lo sguardo vide una testa mozzata con in bocca una pergamena. In quell'istante il suo pensiero andò alle ultime parole pronunciate dal Necromante Dantes qualche notte prima: "Riceverete mie notizie!".
Lazar aprì le pergamene, dopo aver rimosso il sigillo della città di Midian, e vi trovò scritto:

"A partire da due notti da adesso, il Concilio vi attende davanti al tempio di Elhoim a Midian. Annunciatevi ai cancelli e qualcuno vi aprirà".

L'orco ripose la pergamena e raccolse la testa per i capelli, riponendola in un cesto. Trascorsero due giorni e, giunta la notte sellò il cavallo per partire alla volta della città Nera.
Giunto al portale di Delucia, cavalcò verso nord, arrivando al nero cancello ed dopo essersi annunciato, una figura nera si appropinquò dietro la grata. 

"Chi siete?"
"Sono Lazar, l'orco che ha richiesto udienza al Concilio".

Il Necromante fece un cenno ed il cancello si alzò. Senza proferire parola egli si diresse verso il piazzale antistante il tempio di Elhoim dove si intrattenne in una conversazione con l'orco, chiedendogli la motivazione di quella sua visita e richiesta di udienza. Da lì a poco tempo altre Ombre si palesarono in quel luogo. Una ad una si presentarono Walla la Somma Chazhuk e Lilith; l'orco venne messo sotto pressione ed a turno pretesero di sapere le motivazioni che lo avessero spinto a richiedere udienza. La conversazione proseguì per qualche ora, quando ad un tratto Walla, fissò negli occhi Lazar ed esclamò:

"Ora abbigliatevi in modo consono, vi porteremo in un luogo. Se avete bisogno di un abito, recatevi a Bucca lì dicono, si possa trovare qualcosa di decente per il luogo che siete in procinto di visitare. Appena sarete pronto recatevi nella palude di Papua al tempio di Elhoim".



L'orco si congedò ed allontanandosi da Midian, riutilizzò il portale e giunse nel villaggio di Buccaners dove acquistò un abito per dirigersi alla volta del tempio di Papua.
Giunto alle porte del Tempio, gli venne in contro un altro Necromante, e con un tono sprezzante ed arrogante chiese all'orco il suo nome. I due ebbero una breve conversazione, e dopo essersi presentato il Necromante fece cenno di seguirlo. Lazar varcò la soglia del luogo più sacro per i Necromanti ed attraversato un lungo corridoio giunsero in un chiostro, dove rincontrò Lilith e Malakia. I tre Necromanti e l'orco, entrarono in una stanza con un grande tavolo e Caranthir intimò a Lazar di sedersi. In quel momento sopraggiunse Dantes visivamente adirato, qualcuno aveva sottratto il suo baule contenente i suoi trofei. Si accese una discussione tra i Necromanti i quali si allontanarono, lasciando Lazar solo nella stanza seduto al tavolo con Malakia, ristabilita la calma gli altri membri del Concilio rientrarono e si accomodarono. La Somma Chazhuk dopo aver nuovamente ascoltato le dichiarazioni dell'orco chiese il parere degli altri membri circa la volontà di far proseguire il percorso di Lazar. Il Concilio diede l'assenso, ma ad una condizione: l'orco avrebbe dovuto recare in dote trenta anime per Elhoim. Lazar propose anche di poter recare in dono le teste appartenenti a queste anime e la richiesta venne accolta all'unisono, con un particolare interesse mostrato da Dantes. L'udienza volse al termine, i Necromanti tornarono alle loro mansione e Lazar venne condotto all'uscita. Lì si congedo da Malakia e spronando il suo cavallo si allontanò nella notte.



Lazar non rientrò a casa, ma decise di cominciare subito a dimostrare le sue intenzioni. Utilizzò il portale in direzione dei territori di Yew e poi proseguì verso sud-ovest in direzione del tempio di un Dio, dove qualche giorno prima aveva visto dei devoti in processione. Giunto sul posto si appostò dietro ad un albero, seguendo il movimento delle guardie poste dinanzi al Tempio. Al cambio turno Lazar, nell'ombra ne afferrò uno e posta la sua mano davanti alla bocca per non lasciarlo urlare e dare l'allarme, con un fendente gli recise la giugulare da un orecchio all'altro, un taglio così profondo da recidere quasi l'osso. Si chinò sul corpo ormai esamine e seghettando la parte rimasta gli staccò la testa, tirandola su per i capelli, così come si assaggia un cosciotto di tacchino, gli strappo l'orecchio. In quell'istante una guardia di ritorno dal giro del perimetro vide l'orco assorto a bearsi del momento e gridando si scagliò contro Lazar. Egli lo vide e con un colpo di spada lo trafisse, la lama uscì dalla schiena della guardia squarciando le carni. L'odore di sangue cominciava a pervadere l'aria ed a marchiare quel luogo ritenuto sacro da molti. L'orco guardò il corpo della guardia agonizzante al suolo, si chinò su di esso e con il suo coltello, gli aprì l'addome; riversò i suoi visceri al suolo solo per intingersi le sue mani all'interno. Fatto ciò lo decapitò. Raccolse le teste e le ripose in una sacca, immaginando già la faccia di Dantes.
Decise che non avrebbe utilizzato il portale per tornare a casa, ma avrebbe esplorato i sentieri alla ricerca di anime da sacrificare. Giunse cosi in un villaggio rurale ai confini del deserto vicino quello che sembra essere un Tempio ormai in disuso. Con una scusa si diresse dal capo villaggio, asserendo di essere un viandante in cerca di un posto per la notte; il Capo villaggio magnanimo, acconsentì al suo pernottamento presso la loro abitazione. A notte fonda Lazar, si alzò dal letto e sguainato un coltellaccio usato per scuoiare le bestie, si diresse dapprima nella stanza dei figli dell'uomo dove li uccise nel sonno soffocandoli. Lo stesso destino riservò ai genitori dei piccoli, si diresse verso la camera da letto dell’uomo e utilizzando lo stesso cuscino lo soffocò, ma non si limitò a questo. Lazar mentre il Capo villaggio si dimenava in cerca di ossigeno, affondò il coltello nel volto del malcapitato sussurrandogli: “Shhhhh!!... La tua anima appartiene ad Elhoim e la tua bella testa sarà il nuovo porta carte di Dantes”. Con la stessa lama, si appropriò della testa dall'intera famiglia, che stoltamente aveva dato rifugio al loro stesso carnefice. Lo stesso tetro destino venne riservato agli altri abitanti del villaggio, una decina di persone che quella notte persero la vita...



Con il suo macabro bottino, Lazar si diresse verso casa ed appoggiata la sacca grondante di sangue sulle sudicie tavole del pavimento, prese una pergamena e scrisse con il calamaio:

"Ho ucciso e mozzato, il loro sangue ricopre ancora le mie mani e la lama del mio coltello. Porto in dono le teste al Concilio, perché le anime ormai, già appartengono ad Elhoim. Possa questa mia azione dimostrare al Concilio tutto le mie reali intenzioni e la mia volontà di continuare a seguire il sentiero".
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L' occhio del Mastino 23/03/2021 20:47 #6

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L' occhio del Mastino 09/04/2021 12:28 #7

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Capitolo sesto
Il magazzino dei rifornimenti



I giorni si susseguirono e Lazar tornò a Britain dopo qualche giorno di permanenza accampato nella palude di Papua nelle vicinanze del tempio di Elhoim.
Sulla strada verso casa passo dinanzi ad una biblioteca e gli vennero in mente le parole pronunciate da Lilith riguardo la su formazione. Avrebbe dovuto studiare ed apprendere qualcosa in più sul Concilio a cui diceva di volersi unire.
Varcata la soglia ed aggirato il bibliotecario presente all’ingresso, cominciò ad esplorare l’edifico trovando proprio al centro di esso una rampa di scale che portava nel sotterraneo.
Con l’aiuto di una torcia si avventurò tra antichi e danneggiati manoscritti, come se fossero stati riposto lo sotto per uno scopo: essere abbandonati e dimenticati.



Tra gli scaffali il suo sguardo si concentrò su di un manoscritto intitolato: La caduta di Nujelm.
Con un gesto fulmineo lo afferrò e riposto nella sacca abbandonò l’edificio approfittando di un attimo di distrazione dello scrivano.
Tornato nella sua catapecchia ripose il libro sul tavolo con l’intento di studiarlo ed apprendere quanto più possibile per non deludere Lilith.
Ma prima avrebbe dovuto compiere un altro incarico... ripartì alla volta di Buccaner's den, un villaggio di malfattori posto su di un’isola, dove tempo addietro aveva notato un deposito alchemico che sarebbe tornato utile per svolgere il compito assegnato da Malakia.

Giunse sull’isola in piena notte, il freddo e la pioggia incessante completavano un quadro desolante di un villaggio in preda al chaos ed all’anarchia.
Si appostò nei pressi dell’ingresso del magazzino per attendere il momento più propizio, quando ad un tratto il magazziniere fece la sua apparizione.
Con un movimento lesto recise la gola dell’uomo riponendo il suo corpo esanime all’interno di un baule, si appropriò delle chiavi ed entro con indifferenza nel deposito.
All’interno reagenti e materiali di ogni sorta, il luogo ideale per chi volesse trafficare e contrabbandare; Lazar trascorse qualche ora lì dentro girovagando tra librerie e scaffali finché trovo gli occhietti di questo animale chiamato Newt dei quali Malakia fece richiesta...

Cosa ci troverà di così importante e speciale in questa cosa orrenda borbottò l’orco.

 

Ripose questi reagenti nella sacca e furtivamente abbandonò il luogo, prima che qualcuno si accorgesse di ciò che era avvenuto.
Con una zattera di fortuna raggiunse la terra ferma e dopo qualche ora di marcia raggiunge il portale dal quale raggiunse la palude di Papua e quindi il tempio di Elhoim, salì le scale e scrisse sul pannello:

“Le disposizioni di Malakia sono state eseguite, la mia lealtà è stata nuovamente dimostrata al Signore Oscuro ed a Voi tutti”

Scritto ciò scese le scale ed approntò un giaciglio di fortuna dove passare la notte, o quelle poche ore che lo separavano dall’alba.




 
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L' occhio del Mastino 21/04/2021 13:11 #8

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Capitolo settimo
Oscuri pensieri




Trascorsero diverse lune dall’ultimo incontro con il Concilio nel Tempio di Papua e Lazar, continuava a pensare alle parole di Dantes, circa la meditazione che avrebbe dovuto compiere nei luoghi più importanti e ricchi di storia per i l’Ordine dei Necromanti. Al calare della sera intraprese il viaggio verso quello che sarebbe stato il luogo dove tutto e cominciato: Moonglow. Giunse ai cancelli della città quando l’oscurità aveva già preso il posto della luce e riuscito a trovare un varco attraverso le mura si addentro nella città. Superata la banca vide un edificio in evidente stato di abbandono, le incisioni sul portone fecero pensare all’orco di trovarsi davanti a quella che doveva essere tempo addietro la sede dell’Ordine dei maghi di Moonglow. Con una spallata riuscì ad aprire il vecchio cigolante portone e giunto all’interno, cominciò a vagare per i corridoi e gli stanzoni abbandonati. Entrò in quella che doveva essere una sala di lettura, sui muri potevano ancora vedersi gli arazzi un tempo indice di ricchezza e prosperità e ridotti oggi a poco più di pezze logore e sudicie appese al muro. Si sedette su di una panca ed iniziò a cogitare:

“Riesco a percepire quella che un tempo doveva essere la forza ed il potere di questo Ordine; i muri, le panche i tavoli e perfino gli scaffali di legno marcio ne sono intrisi. Non dev’essere stato facile a quei tempi per un così sparuto gruppo di maghi iniziare ad apprendere un potere che oggi è cresciuto, che ha attraversato secoli e generazioni. Che ha trucidato e sparso sangue… Apprendere i segreti di questo potere che mi ha portato ad abbandonare tutto comincia a delineare il vero scopo della mia esistenza; il mio corpo, la mia mente, la mia anima… ormai non mi appartiene più, più i giorni si susseguono e più il mio desiderio di diventare un tutt’uno con Elhoim si consolida”.


Ad un tratto un infrangersi di vetri attirò l’attenzione dell’orco… il silenzio di quel posto, venne squarciato dal gracchiare di un corvo che si posò su di trespolo e lo fissò. Lazar si alzò dalla panca e si avvicinò al corvo il quale aveva il becco sporco di sangue, alla vista della fiamma della candela il corvo volò via, facendo spegnare la languida fiamma così Lazar con la sola luce della luna che penetrava da un lucernaio nel salone si avviò verso l’uscita… Il suo viaggio sarebbe continuato al cimitero della città: proverà a trovare il sepolcro dove si rifugiò Ariakan Moontorn.

Sgattaiolò fuori dalle mura prima di essere visto da qualcuno con il favore delle tenebre, e si incamminò su un sentiero pieno di arbusti ed erbacce che lo avrebbe condotto al cimitero. La fama di quel posto lo precedeva: era noto per la presenza di ombre ed entità violente ed aggressive come se fossero a guardia di qualcuno o qualcosa nascosto nelle sue viscere. Superò senza problemi il cancello d’ingresso divelto e subito notò la presenza di ombre e non morti che giravano in tondo nei pressi di una porta. Approfittando di un momento di quiete si avvicinò al portone e dopo averlo forzato con il suo coltello, riuscì a far saltare i cardini che lo fissavano al muro e lo aprì, chiuse rapidamente la porta alle sue spalle. Con un po’ di fortuna riuscì ad accendere la candela e lì dinanzi a qualche passo di lui una lunga scalinata sembrava portarlo nelle viscere della terra. Scalino dopo scalino giunse in quello che sembrava un androne immenso con una puzza nauseante di morte e decomposizione, accese le poche torce presenti sul muro e si incamminò tra i cunicoli di quelle catacombe.
Ad un tratto giunse davanti ad una porta solamente appoggiata al muro che presentava un’innumerevole quantità di colpi ed ammaccature, la narrativa che l’orco lesse nella biblioteca qualche tempo prima era chiara: il sepolcro di Ariakan venne trovato ed assaltato da Lestat de Lincourt. Addentrandosi nella stanza trovò un tavolo in pietra con sopra ancora tutta una serie di gingilli ed ampolle alchemiche, quale luogo migliore per lasciarsi andare ai suoi pensieri… così Lazar, nuovamente si sedette:

“Il puzzo di morte è asfissiante eppure sono un orco… non dovrei essere turbato da ciò. Questi amuleti e questi scritti cosa sono… quale potere cercava di imbrigliare in questa tomba e soprattutto perché rifugiarsi qui sotto nel cimitero. Ripenso a quella famiglia trucidata qualche tempo fa… ripenso ad un intero villaggio cancellato dai registri anagrafici della regione… ripenso a ciò che quella notte ha guidato la mia lama… più ci penso e più mi capacito che tutte le mie azioni, tutto quello che ho fatto è stata la scelta giusta, lo rifarei altre mille volte, darei la mia vita e la mia anima alla causa. Sono pronto ad eseguire qualsiasi compito mi venga richiesto da Elhoim affinchè si compia il suo volere ed il suo disegno per queste terre. E’ questo quello che voglio, capire e conoscere la morte per poterla usare a mio vantaggio, conoscere ed approfondire tutto quello che è stato scoperto e studiato in queste umide stanze. La testa si fa pesante, sarà l’aria rarefatta del luogo”.



Dopo aver pensato queste parole l’orco perse i sensi e si accasciò sul tavolo. Trascorse qualche ora e si svegliò di soprassalto esclamando:

“Vendicherò la memoria del LIche”.


Palesemente turbato dalla notte trascorsa in quel luogo senza tempo, Lazar abbandonò la cripta e varcata la porta che lo conduceva nuovamente al cimitero si rese conto che tutte le ombre e le entità presenti la notte prima si erano dissolte.
Abbandonò così quel luogo e si diresse a Nujelm.

Camminò per qualche ora e dopo aver superato le sparute case ormai abbandonate arrivo ai cancelli della città che erano aperti e per niente sorvegliati. Quella che un tempo era una ricca città, era mutata in un deserto silenzioso. Vagò in solitaria per le botteghe con le porte divelte, i pochi mercanti rimasti guardavano l'orco con diffidenza. Superata la sacra pietra della città, dove i cittadini giuravano fedeltà al reggente, giunse a quello che doveva essere il tempio di Nujelm. Lazar varcò la soglia con il suo cavallo in segno di disprezzo, si guardò attorno e si avvicinò al fonte dell'acqua benedetta e si soffermò a fissarla:

"Così sarebbe questa l'acqua benedetta di questi quattro creduloni bifolchi. Quanto sfarzo e quanta ricchezza c'era in questo luogo... A che scopo?! Loro dovrebbero essere i sacerdoti puri ed integgerrimi della luce; la realtà è che sono dei maiali il cui sangue andrebbe versato sull'altare del tempio di Midian".

Fissando l'acqua all'interno fece un rantolo e sputò al suo interno





"Questo e ciò che ti meriti... residui dalla mia gola, residui del mio ultimo pasto, carne umana di un pavero contadino che ha incrociato la mia strada. Questo posto andrebbe raso al suolo così come il tempio a Yew, non meritate altra fine. Arriverà il tempo della vendetta, arriverà il tempo del Sangue... arriverà il tempo dell Oscuro Signore. La sua mano armata vi colpirà con tutta la sua devastante potenza.

Terminati questi pensieri, abbandonò quel luogo e varcato nuovamente il cancello, partì alla volta della Città Nera.


Giunto al portale dimensionale da utilizzare per raggiungere i territori di Midian, lesse sulle rune la località di Jhelom, in quel momento gli affiorò nella mente il ricordo di quanto letto precedentemente circa la scissione avvenuta secoli prima tra le chiese che un tempo dominavano ed influenzava la vita delle terre conosciute. Incuriosito da ciò si diresse lì. Arrivato ai cancelli, la città si mostrava per quello che era… un agglomerato di case e palizzate magari un tempo pieno di vita, ma decisamente in stato di abbandono oggi. Passeggiando per le strade meditava:

“Questo è quanto di buono sanno fare, quei poveretti insulsi che credono nella via della luce, nei valori di vita e fratellanza… Sono così fratelli da scannarsi e sgozzarsi tra di loro. Poveri stolti! Guarda Elhoim, guarda il Concilio, possono esserci schermaglie al loro interno di potere ma il loro, il nostro credo nel signore Oscuro ci aiuta a tenere sempre la barra del timone dritta in un a direzione. Questi poveri sudicioni… a quanto sangue ed a quante falsità hanno assistito queste mura, sono so se rattristarmi o godere di tutto ciò! Questa putrida ed insulsa cittadina, non merita il mio tempo, i sassi qui a terra non sono degni di essere calpestati questo e tutto ciò che si meritano…”.

Un perfido ghigno si stampò sul volto dell’orco e con un gesto orinò sulla porta del municipio di Jhelom.



Dopo questo gesto di disprezzo puro, Lazar si recò al porto abbandonato di Jhelom, li trovò un gruppo di cacciatori di frodo intenti a riposarsi, dopo una breve conversazione, chiese loro di essere traghettato fino alla Fortezza Terathan; da lì avrebbe raggiunto la Città Nera. Trascorse un giorno di navigazione Lazar giunse sulle coste e congedatosi dalla ciurma, si avviò verso i territori di Midian

Giunto all’ingresso della Città mostrò alla guardia il sigillo della città, segnò della sua appartenenza a quel luogo. Senza proferire parola fece all’orco segno di passare e varcato il cancello, si diresse verso il Tempio della città dove si sarebbe fermato a meditare per un’ultima volta in quel lungo pellegrinaggio.
Il Tempio di Midian si erigeva dinanzi a lui con tutta la sua maestosità, legò il cavallo e aprì il pesante portone. All’interno non vi era nessuno così Lazar si inchinò e prese posto su una delle panche:



“Ebbene rieccomi qui ormai sono passati innumerevoli giorni e ricordo ancora il primo giorno, quando il nome della città di Midian echeggiava nella mia testa… ricordo il giorno in cui per la prima volta varcai il cancello e mi trovai di fronte il Consigliere Dantes, all’epoca era solo un’ombra con due occhi agghiaccianti… ricordo quando per la prima volta misi piede dentro questo tempio, e non a caso mi sono seduto nuovamente nelle stesso posto per provare nuovamente le sensazioni e le emozioni di quel giorno. Bene posso dire adesso che queste sensazioni adesso sono diverse, sono diventate consapevolezze… consapevolezza di appartenere ad un progetto più grande di me, consapevolezza di volermi dedicare al servizio del Nero Signore e di compiere la sua volontà e lo dico qui in questo Tempio, dove egli mi può ascoltare. Qui dinanzi al suo altare rinnova il mio giuramento fedeltà ad Elhoim ed al Concilio tutto con la testa completamente assoggettata al loro volere. La strada della rettitudine ormai è smarrita, il mio cuore è assoggettato al Chaos ed alla disperazione, la mia strada e la mia esistenza sono state segnate! Elhoim, si compia il tuo volere!”.
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Capitolo ottavo
Fuoco e Fiamme


Erano trascorsi giorni dall’ultimo incontro con il Concilio nel Tempio di Papua, le giornate per la Lazar trascorrevano lente, la città di Midian ormai diventata la sua nuova casa veniva esplorata in tutti i suoi anfratti.
L’orco continuava a rimuginare sulle ultime parole di Lilith, ed aspettava la sua missiva che sarebbe arrivata con i corvi del Guardiano Caranthir.
In una notte particolarmente fredda e buia, Lazar si svegliò nel cuore delle notte e da quel momento non riuscì più a riaddormentarsi; qualcosa offuscava la sua mente. Trascorse ore alla finestra della sua stanza a Midian, contemplando il Tempio di Elhoim ad un tratto qualcosa nella sua mente si mosse e lesto si vestì e si allontanò dalla città. Quella notte avrebbe camminato fino a città Mercato e da lì avrebbe proseguitò ad est fino ad arrivare a quello che un tempo era la sua casa. Lì giunse all’alba, un tiepido sole riscaldava la terra di Sosaria e Lazar si ritrovò di fronte a quello che fino all’inverno prima era la sua dimora. Stringeva ancora in mano la torcia usata per illuminare i sentieri in quella notte buia; ad un tratto con un gesto lanciò la fiaccola sul tetto di paglia di quella casa e nel giro di qualche istante l’intera abitazione prese fuoco. Lazar restò li, fermo ad osservare le fiamme che divoravano la casa di legno e con un ghigno a metà tra il soddisfatto e l’iracondo si sollazzava a vederla ridursi in cenere. Quella dimora ormai era diventato segno di tutto quello che apparteneva al passato, dopo il suo pellegrinaggio nei luoghi sacri dei Necromanti e la sua appartenenza alla città di Midian, quella decrepita e logora catapecchia rispecchiava in un certo senso l’anima di Lazar: una catarsi che lo avrebbe condotto ad una nuova vita.



L’orco intanto restava lì come pietrificato a pochi passi dalle fiamme incurante dei detriti carbonizzati che cadevano al suolo, il fumo nero ed acre lo avvolgeva la coltre di fumo era visibile dalla città di Britain e mentre il fuoco consumava gli ultimi pilastri ripeteva in mente come un mantra:

“Il Concilio è una sola unità, il Concilio è la priorità, devozione alla Somma Chazhuk e lode all’Oscuro Signore”.

Lazar trascorse ore davanti a quel rudere aspettando che anche l'ultima fiamma si fosse estinta, e quando ciò avvenne uscì da quella fase di dissociazione in cui era sprofondato e, con indifferenza, si coprì il capo dando le spalle a quella che un tempo era la sua casa e si rimise in marcia per Midian, lì nella sua stanza avrebbe atteso la missiva.
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Capitolo Nono
Il Rituale

Lazar era solito svegliarsi presto al mattino e camminare a lungo nei territori di Midian, attendendo il corvo inviato da Lilith con la sua missiva… La primavera, ormai morente, era prossima a lasciare spazio ad un gelido inverno. In una notte accompagnata dalla prima neve, udì un gracchiare ed uno sbattitoio di ali proveniente dalla finestra, sobbalzò dalla serie lasciandola cadere alle sue spalle e si avvicinò. Era giunta! La tanto attesa Missiva era stata consegnata dal corvo di Caranthir. Con la lama del pugnale ruppe il sigillo ed una volta srotolata, lesse le parole presenti su di essa: “Il Concilio vi attende a Papua.”
Di tutta fretta sellò il cavallo e partì alla volta di Papua. Giunse al Tempio il giorno dopo all’alba il freddo pungente del mattino aveva creato una sottile patina di ghiaccio sui gradini del Tempio, rendendolo scivoloso; l’orco si affrettò a salire la scalinata e bussò al portone.
Dopo qualche istante la pesante porta di ghisa si aprì ed il Guardiano Malakia accolse Lazar, invitandolo a seguirlo. Giunsero nella sala dove era solito riunirsi il Concilio è lì vi trovo io Consigliere Dantes e Lilith intendi a risolvere alcune “questioni interne”. Lazar si sedette e Dantes annunciò che in quell’incontro avrebbe fatto le veci della Somma Walla e di Caranthir. I tre Necromanti emisero il loro verdetto su Lazar e sul suo percorso che lo avrebbe portato ad abbracciare il potere dell’Oscuro.
Ascoltato attentamente Lilith, Lazar, venne invitato a seguire il Guardiano Malakia dei sotterranei del Tempio, dove è situato l’altare.
I tre Necromanti si disposero ai tre punti dell’enorme stanza e dissero all’orco di fermarsi al centro dell’altare. Pronunciando frasi incomprensibili evocarono lo spirito di Elhoim che da lì a poco fece la sua apparizione, consegnando a Lazar la pergamena di convocazione… L’orco visivamente turbato da questo incontro e ulteriormente spronato nel proseguire il suo percorso, la raccolse stringendola tra le mani. Svanito lo spirito, Lazar si congedò dal Concilio, per trascorrere una botta in meditazione e preparazione per affrontare la nuova prova che aveva dinanzi, consegnatagli direttamente dall’Oscuro Signore.

Tornò così a Midian dove trascorse la notte nel Tempio di Elhoim, già pronto ed equipaggiato per la battaglia. Alle prime luci dell’alba abbandonò la città per recarsi su di un’isola dove avrebbe dovuto cercare l’altare del Valore. Giunse nella città di Serpent, dove riuscì ad impossessarsi di un barchino a remi, e dopo qualche ora di navigazione raggiunse l’isola. Facendosi largo nella fitta vegetazione, raggiunse l’altare ormai abbandonato ed in quell’istante si presentò dinanzi a lui uno spirito che provò ad attaccarlo, ma Lazar lo trafisse ripetutamente con la sua lancia. L’orco si avvicinò al corpo esanime e notò sulla schiena dell’essere una sorta di tatuaggio che riportava il disegno di un labirinto che assomigliava a quello presente vicino la cittadina abbandonata di Skara. Con ancora in corpo l’adrenalina della battaglia si mise in viaggio per il labirinto con l’intento di indagare a riguardo.
Giunto all’ingresso del labirinto con innumerevoli difficoltà riuscì a raggiungerne il centro dove vi era una torre diroccata ed una piccola abitazione, riuscì ad entrare all’interno della torre ed una volta sceso nelle sue viscere, si trovò dinanzi un altro labirinto, una sorta di cripta dove erano presenti essere di ogni sorta.
Facendosi strada a colpi di Forca da battaglia ed incassando innumerevoli colpi dalle creature presenti al suo interno, Lazar raggiunge una stanza in cui erano presenti gli spiriti dei Necromanti e lo spirito di un Sacerdote. Lazar raccolse al centro dell’altare una coppa di sangue maledetto e lo bevve. In quell’istante noto che tutti gli sguardi degli spiriti erano diretti su di lui, ingoiata l’ultima goccia il respiro dell’orco di bloccò, i polmoni collassarono ed il suo cuore cominciò lentamente a fermarsi… la vista si appannò e Lazar cadde a terra. In quell’istante la sua testa sembrò abbandonare quella stanza; si ritrovò nella cripta del cimitero di Moonglow… li trovò una figura di spalle che indicò un loculo che era presente in quella stanza.
Lazar si avvicinò e lesse, scritto sul granito di quella lapide: “Dmitryus”.

Pronunciato questo nome l’ombra presente in quella stanza trafisse il cuore dell’orco ed in quell’istante Lazar si risvegliò nuovamente al centro del cerchio con gli spiriti dei Necromanti che ancora lo fissavano.
Così si rialzò e da quell’istante sarebbe cominciata una nuova vita, un nuovo percorso all’insegna dell’oscurità e degli insegnamenti del Signore Oscuro… in quell’istante Lazar era morto ed era rinato come Dmitryus il Necromante.
icq : 718444000


cit. : "Non capisco perchè un mago possa castare in corsa, anche con la doppia scroll perchè Elfo Oscuro, ed io con l'arciere devo mettermi a fare Yoga per tirare una freccia"

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